Decaduto Berlusconi

Sì alla decadenza, Berlusconi non è più senatore

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    Sì alla decadenza, Berlusconi non è più senatore





    Silvio Berlusconi non è più senatore della Repubblica. Sono le 17.43 quando l’assemblea di Palazzo Madama, al termine di una sfibrante giornata di votazioni, certifica la decadenza del leader di Forza Italia. Bocciati tutti gli ordini del giorno che erano stati presentati dal centrodestra per impedire l’espulsione del Cavaliere, al presidente Grasso non resta che pronunciare la formula di rito: «La relazione della giunta deve intendersi approvata»


    Tradotto, Berlusconi perde il suo seggio. Ma lui non è in aula: preferisce evitare l’umiliazione di dover uscire dall’aula da sconfitto e aspetta la notizia a Palazzo Grazioli , dove si sono radunati i suoi sostenitori provenienti da tutta Italia (secondo la questura ventimila) con striscioni, bandiere a qualche cartello .

    Ai militanti il Cavaliere mostra la voglia di riscatto. Definisce la giornata che si sta concludendo come «un giorno amaro e di lutto per la democrazia».

    Ma intanto al Senato il copione della sua decadenza va avanti senza intoppi. Uno dopo l’altro vengono respinti gli ordini del giorno presentati da Forza Italia e anche dai transfughi di Alfano contro la proposta della giunta di dichiarare decaduto Berlusconi. Nove sono le votazioni che precedono la comunicazione di Grasso: Berlusconi non fa più parte dell’assemblea del Senato.

    I senatori del M5S corrono nei locali del loro gruppo per festeggiare con una bottiglia di champagne. «Ora tocca agli altri!» si entusiasmo il loro leader Beppe Grillo via blog. Ma anche dopo la «sentenza» del Senato (peraltro ampiamente attesa, visto i rapporti di forza sfavorevoli ai sostenitori della causa di Berlusconi) Forza Italia non rinuncia a dare battaglia. Con una nota ufficiale i vertici del partito chiedono di essere ricevuti da Napolitano al Quirinale per esaminare «il delicato momento».

    I figli del Cavaliere sono amareggiati come e più di lui. «Mio padre - dice Marina - decade da senatore, ma non sarà certo il voto di oggi a intaccare la sua leadership e il suo impegno».

    Il Pd respinge l’accusa che sta dietro ogni dichiarazione di Berlusconi e dei suoi: quella di averlo estromesso dal Senato per liberarsi di un avversario politico. «Il Senato - ribatte il segretario Epifani - non ha fatto altro che il suo dovere applicando la legge. Chi grida al golpe, minaccia sfracelli sceglie la strada dell’avventura».

    Un gelido «no comment» del premier Letta ha fatto capire che Palazzo Chigi non dà peso al voto sulla decadenza . Nessun rammarico nemmeno per l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza: il governo, dice il premier ora «è più forte».

    Intanto, dopo l’intervento di ieri, il Colle tace. Tradisce invece un certo imbarazzo l’ex delfino di Berlusconi Angelino Alfano. In aula i suoi senatori si sono battuti per il Cavaliere accanto a quelli di Forza Italia, ma il vicepremier non li segue quando parlano di «colpo di Stato». Preferisce invece rivolgersi al Pd, sostenendo che ormai il partito di Epifani «non ha più alibi» sulla riforma della giustizia che non può «uscire dall’agenda di governo».



     
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