Gli sposi del sisma

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  1. Nix Vaiserk
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    Gli sposi del sisma



    Il terremoto non aveva interrotto il loro sogno d’amore. Il primo pensiero di Giulia e Gabriele, subito dopo il sisma che un anno fa devastò l’Emilia, fu netto: “Mai come ora ti voglio”. E così, decisero di non rimandare le nozze in programma da tempo e di sposarsi lo stesso, in jeans e maglietta, sotto un tendone allestito nel loro Comune, Finale Emilia, uno dei più devastati dalle scosse.
    Un anno dopo, Vanity Fair.it è tornato a trovare la coppia. Per capire come vanno le cose. Le difficoltà sono tante, certo, ma Giulia e Gabriele non si lasciano abbattere.«Una delle mie amiche più care è tuttora fuori casa», racconta Giulia: «La palazzina in cui viveva è implosa, il secondo piano è crollato sul primo, e a lei non è rimasto nulla. Il suo datore di lavoro, un ristoratore, le ha permesso di piazzare una casetta di legno nel giardino del locale, dove da allora vive assieme al padre e due persone anziane. Ma siamo molto legate: essere presente alle mie nozze, con i pochi abiti che le erano rimasti,è stato il più bel regalo che potesse farmi».
    «Il vero terremoto, per me – cambia registro, Giulia – è arrivato più tardi, con la scompaa di mio padre, a fine dicembre, per un tumore che gli era stato diagnosticato appena due mesi prima. È rimasto cosciente fino alla sera del mio compleanno, nonostante la morfina. “Non è più tempo per noi, ti lascio a Gabriele”, mi ha detto un paio d’ore prima di andarsene».
    Ed eccolo lì, lo sposo: «Nonostante le difficoltà, gli schianti, le prove di forza, quest’anno è passato veloce, lasciandoci un messaggio – che più si complica, la vita, più va affrontata in modo semplice – e aprendoci gli occhi sulle persone, per non fermarsi alle prime apparenze: quasi tutte ci hanno stupito».
    Propositivi, operativi, coraggiosi: è anche grazie ai cittadini di Finale Emilia che questo paese, pur coi suoi buchi, le circa 2.000 persone ancora fuori dalle proprie abitazioni,continua a esistere. La ricostruzione procede, nonostante la burocrazia: grazie al recupero di una parte del vecchio ospedale è stato possibile inaugurare il primo stralcio della "Casa della salute di Finale" per l’assistenza socio-sanitaria, e il simbolo del sisma, la torre campanaria col quadrante in cocci nel cratere, ha ripreso forma nei giardinetti di piazza Baccarini, provvisoriamente ricomposta su uno scheletro d’acciaio.
    «Io stessa, nel mio piccolo - riattacca Giulia - ho avviato una catena per il recupero di beni primari: ogni mese, col passa parola, raduno cibo e vestiti per i finalesi rimasti senza casa, depositandoli presso un centro d’ascolto familiare in cui vengono smistati e ridistribuiti. Il sisma ha consolidato i rapporti veri, sbriciolando i più frivoli: la catena di aiuti umani, di solidarietà fra concittadini, ha rappresentato la nostra vera risorsa. Il terremoto è un tarlo che ti resta dentro e che no, non potrai mai debellare. Ma con la gente giusta attorno, smitizzarlo si può. Scoprendo in chi ami la vera forza della natura».


     
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0 replies since 21/5/2013, 06:48   14 views
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