Thule (mito)

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    Thule (mito)



    Thule (o anche, in italiano, Tule) è un'isola divenuta leggendaria citata per la prima volta nei diari di viaggio dell'esploratore greco Pitea (Pytheas), salpato da Marsiglia verso il 330 a.C. per un'esplorazione dell'Atlantico del Nord. Nei suoi resoconti (screditati da Strabone ma oggi considerati attendibili) si parla di Thule come di una terra di fuoco e ghiaccio nella quale il sole non tramonta mai, a circa sei giorni di navigazione dall'attuale Regno Unito.


    Thule raffigurata nella Carta marina di Olao Magno (del 1539). L'isola è chiamata "Tile". Accanto all'isola sono raffigurati un "mostro visto nel 1537", una balena, e un'orca.

    Storia
    Il fascino del racconto di Pitea aveva suggerito già nel II secolo a.C. di inserire l'isola nel quadro di narrazioni fantasiose, come avviene nel romanzo di Antonio Diogene Le incredibili meraviglie al di là di Tule.

    Nella Geografia di Claudio Tolomeo Thule è tuttavia un'isola della quale si forniscono le coordinate (latitudine e longitudine) delle estremità settentrionale, meridionale, occidentale e orientale, seppur in modo troppo approssimativo perché si possa darne un'identificazione certa.

    L'identificazione della Thule di Pitea e di Tolomeo (non necessariamente coincidenti) è sempre stata problematica e ha dato luogo a diverse ipotesi, anche per la generale inaccuratezza delle coordinate assegnate da Tolomeo a luoghi lontani dall'impero romano.

    Vari autori hanno identificato Thule con l'Islanda, le Isole Shetland, le Isole Fær Øer o l'isola di Saaremaa. Attualmente la teoria più accreditata è quella che Pitea avesse dato il nome di Thule a un tratto della costa norvegese.

    L'ultima Thule
    Nel corso della tarda antichità e nel medioevo il ricordo della lontana Thule ha generato un resistente mito: quello dell'ultima Thule, come fu per la prima volta definita dal poeta latino Virgilio nel senso di estrema, cioè ultima terra conoscibile, e il cui significato nel corso dei secoli trasla fino a indicare tutte le terre "aldilà del mondo conosciuto" , come indica l'origine etrusca della parola "tular ", confine. Il mito, che possiede molte analogie con altri miti, ad esempio con quello dello Shangri-La himalaiano, ha affascinato anche in epoca moderna.

    Esso è stato anche alla base della formazione di gruppi occulti come quello tedesco della Società Thule (Thule Gesellschaft) (fondata il 17 agosto 1919) e che identificava in Thule l'origine della saggezza della razza ariana, popolata da giganti con i capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle chiara, che un tempo dominavano il mondo, successivamente perso per aver consumato relazioni sessuali con membri di altre razze, inferiori, subumane e in parte animali.

    In effetti, nel mito tuleano di una terra abitata da una razza umana sotto certi aspetti "superiore", identificata sovente con il popolo degli Iperborei, organizzata in una società pressoché perfetta, si possono facilmente ritrovare alcune delle basi del concetto — accolto e divulgato dal nazismo — di razza ariana, ovvero superiore a qualsiasi altra e dunque inevitabilmente dominante sul mondo.

    La Thule nei media moderni
    -Nel brano del cantautore genovese Fabrizio De André Via della Povertà (1974) di cita l'ultima Thule. A sua volta la canzone è una traduzione della famosa canzone Desolation Row di Bob Dylan contenuta nel celebre album Highway 61 Revisited del 1965.
    -Il 27 novembre 2012 è uscito il ventiquattresimo album del cantautore italiano Francesco Guccini intitolato L'ultima Thule ad indicare l'ultimo lavoro della sua carriera discografica[3].
    -Il gruppo tedesco Tangerine Dream ha intitolato il suo primo singolo come Ultima Thule Teil 1/2.

     
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