Ruzzle

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Il diffuso social game Ruzzle potrebbe rivelarsi ben altro che un semplice passatempo da godersi nella pausa relax. Secondo gli esperti, se non ci si dà dei limiti, si rischia di incorrere in uno uso compulsivo del gioco con ripercussioni da non trascurare.

Per i pochi che ancora non lo sapessero si tratta di un gioco, o più esattamente di un social game, che consiste nel formare delle parole, a partire da una griglia contenente 16 lettere, in 120 secondi per ogni fase di gioco. É Ruzzle, il videogioco del momento, e ogni occasione disponibile sembra essere diventata quella giusta per una sfida on line, uno contro uno, a caccia di parole. Complici la disponibilità di utilizzare l’applicazione per i dispositivi Apple e Android, che danno ormai la possibilità di connettersi praticamente ovunque e in qualsiasi momento, e l’interattività con facebook e twitter che rendono la sfida ancor più divertente nella sua dimensione social, dando la possibilità di misurarsi con i propri amici e di condividere con loro i risultati.
Sviluppato dalla società svedese MAG Interactive e lanciato sul web in tutto il mondo, ha scatenato un vero e proprio boom a suon di download, e in poco tempo è diventato un fenomeno capace di coinvolgere tantissime persone, grandi e piccini, spesso anche personaggi noti e giornalisti che non hanno affatto nascosto questo loro divertente ‘guilty pleasure’, fino alla dichiarazione di Gerry Scotti, che ha reso nota l’intenzione di trasformare presto Ruzzle in un format televisivo.
Semplice e innocuo questo divertissement non sembra poter sfuggire, però, alla regola d’oro che vale sempre e per tutte le cose: la giusta misura. Gli psichiatri infatti avvertono che il passaggio da passatempo e momento di relax a vera e proprio mania può essere assai breve. Federico Tonioni, direttore del Centro per le psicopatologie da web del Policlinico Gemelli di Roma ha dichiarato all’Adnkronos Salute che “Se lo smartphone chiama per una partita, ecco che per qualcuno resistere diventa molto difficile. Ci sono già casi di giocatori che, quasi senza accorgersene, hanno fatto le ore piccole alle prese con la scacchiera di quattro lettere per quattro, ritrovandosi poi il giorno dopo intontiti dalla stanchezza in ufficio”. L’insorgere di questo atteggiamento compulsivo sarebbe facilitato, secondo l’esperto, dal “meccanismo dissociativo attivato dal videogame: quando giochi, stacchi totalmente dalla realtà, sei totalmente assorto. Si tratta di una fase naturale, ma breve, che proprio come la pausa caffè è utile al pensiero cognitivo per poi funzionare meglio”. Ma, prosegue Tonioni “Se prendere un caffè da soli è meno piacevole che farlo in due, altrettanto accade con questi passatempi. Il fatto è che ‘staccare’ per qualche minuto è divertente e utile, ma farlo per delle ore porta a effetti del tutto diversi - e, conclude, - concedersi maratone al telefonino, perdendo di vista la lancetta dell'orologio e ritrovarsi poi a saltare il pasto o dormire solo poche ore, tanto stanchi da andare in ufficio intontiti non è funzionale alla realtà, e si trasforma in un hadicap”.
Non è sempre semplice controllarsi e non farsi ‘prendere la mano’, come si dice, ma se “divertirsi per qualche minuto, spezzando la giornata e ‘rinverdendo’ le nostre conoscenze linguistiche, ci aiuta invece a ricaricarci e ci permette poi di essere anche più creativi” è bene evitare le lunghe maratone di gioco che, secondo Tonioni, rischiano di sostituirsi alla realtà.
Godersi i momenti di pausa tanto importanti nel corso della giornata, anche con Ruzzle, alla ricerca della parola giusta, quindi, ma con moderazione.