L'Assenzio

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    Assenzio
    La pianta maledetta



    Il nome botanico è artemisia absintium, si tratta di una pianta perenne rizomatosa, diffusa in natura in tutta Europa ed utilizzata fin dall’antichità per le sue proprietà toniche e depurative. Dalle radici rizomatose si sviluppano sottili fusti eretti, ben ramificati, che con il tempo tendono a divenire legnosi nella parte più vicina al terreno, le piante si sviluppano per circa 50-70 cm ogni anno, e con l’arrivo del freddo disseccano , in autunno inoltrato. Il fogliame è di colore grigio verde, dall’aspetto delicato, finemente inciso. In estate all’apice dei fusti sbocciano piccoli fiori gialli, riuniti in infiorescenze.
    Il fogliame è ricoperto da una sottile peluria, che ne rende il colore particolare; i peletti sono così sottili e delicati che non si avvertono al tatto. Le foglie di assenzio sono molto aromatiche, e se mangiate hanno un forte sapore amaro.

    L’assenzio come erba aromatica e medicinale
    Le sottili foglie di artemisia contengono molti principi attivi, se ne estrae un olio che contiene delle sostanze attive dette lattoni, il cui nome si rifà al nome della pianta, troviamo infatti absintina, anabsintina e anabsina.
    Questa pianta viene utilizzata fin dall’antichità come antiinfiammatorio, digestivo, antisettico, tonico, digestivo; oltre a queste proprietà che la rendono utile in erboristeria, anticamente l’assenzio veniva utilizzato anche come insetticida, sotto forma di infuso, ed anche come repellente contro i roditori.
    Il consumo smodato di grandi quantità di assenzio può causare effetti collaterali non gradevoli, come avviene per la gran parte delle piante che contengono principi attivi; non è quindi consigliabile preparare tisane a base di assenzio da consumarsi quotidianamente per lunghi periodi di tempo.

    Leggende e realtà
    L’artemisia absintium viene utilizzata per preparare un liquore, chiamato generalmente assenzio, aromatico, amaro, dal tipico colore verde; questo liquore viene associato alle esperienze particolari vissute da molti scrittori ed artisti europei verso la fine del XIX secolo. Il liquore a base di assenzio viene consumato tipicamente zuccherandolo, visto il sapore fortemente amaro.
    L’assenzio veniva a quel tempo associato a stati di allucinazione di cui erano preda i consumatori abituali del liquore, che veniva comunemente chiamato la fata verde, e consumato in grandi quantità allo scopo di avere trance creative, allucinazioni piacevoli, per allontanarsi dal mondo.
    Tale pratica era così in voga in certe città europee che l’assenzio venne considerato come una droga, e in molti luoghi addirittura vietato, in quanto si riteneva che la pianta fosse altamente tossica, visto che molti consumatori abituali oltre che da allucinazioni venivano colti anche da crisi convulsive.
    Il fatto che il liquore a base di assenzio sia tutt’ora presente sugli scaffali del supermercato dietro casa ci rassicura sul fatto che la pianta possa essere tossica; infatti studi successivi al periodo in cui ne veniva proibito l’utilizzo, hanno riscontrato che gli effetti collaterali dovuti al consumo di assenzio non erano causati dal contenuto di artemisia nel liquore, ma al contenuto di altre erbe e sostanze che venivano aggiunte all’assenzio per adulterarlo.
    Si è scoperto che nell’assenzio, oltre all’artemisia, venivano aggiunte erbe tossiche ed anche altre sostanze, il cui consumo è fortemente sconsigliato; quindi oggi possiamo tranquillamente gustarci un bicchierino di assenzio, con l’aggiunta di una zolletta di zucchero se non amiamo il sapore amaro.

    Coltivare l’assenzio
    In Italia l’artemisia è presente anche come pianta spontanea, nelle zone asciutte e soleggiate; si coltiva come annuale o come perenne, raccogliendone le foglie prima della fioritura; il liquore a base di artemisia si può preparare anche in casa, come avviene per il genepì, altra specie di pianta sempre appartenente al genere artemisia.
    Si coltiva in luogo ben soleggiato, con terreno decisamente molto ben drenato, mediamente ricco.
    Si può seminare direttamente a dimora, oppure se ne pongono nel terreno le giovani piantine, abbastanza facili da reperire in primavera in vivaio.
    Le giovani piante necessitano di un terreno abbastanza umido per le prime settimane di vita, ma se le poniamo a dimora in primavera, l’umidità non dovrebbe essere un problema; annaffiamo solo in caso di siccità.
    Nel corso della bella stagione annaffiamo solo quando il terreno è ben asciutto da qualche giorno, evitando i ristagni idrici. All’arrivo del freddo le piante disseccano per tutta la parte aerea, mentre le radici rizomatose sopravvivono abbastanza bene all’inverno, per rigermogliare la primavera successiva.

     
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